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Intervista all'architetto Michele Arnaboldi

Quartiere Birreria, una trasformazione di un’area centrale di Grono, che creerà nuovi luoghi di aggregazione, nuova offerta immobiliare e nuovi servizi per cittadini ed imprese. Ne abbiamo parlato con il progettista, l’architetto Michele Arnaboldi. 

Architetto, com’è nata l’idea di realizzare un nuovo quartiere nel centro di Grono?

“Si è partiti dallo studio generale d’indirizzo del Comune realizzato in occasione dell’aggregazione con altri due Comuni. Ciò ha consentito un’analisi del contesto e di evidenziare la centralità territoriale dell’area, che è vicina alla scuola e al piazzale dell’ex stazione, lungo la cantonale e adiacente ai principali servizi. Inoltre con il nuovo semisvincolo a nord di Grono anche l’accesso all’autostrada è più agevole. Da qui è partita la visione di un quartiere non solo residenziale ma misto, con la presenza anche di attività commerciali, uffici e in prospettiva anche un albergo. È un buon esempio di come si dovrebbe procedere nella progettazione urbanistica”.

 

Quali sono i vantaggi di un simile quartiere?

“L’obiettivo è quello di creare un luogo di vita e di incontro tra generazioni. Per farlo occorre riuscire a ottenere un senso di appartenenza, di identità, relazioni sociali. Perché ciò avvenga serve che ognuno, nelle diverse fasi della sua vita, trovi la soluzione abitativa più adatta”.

 

Per questo il progetto del quartiere Birreria prevede appartamenti di diverse metrature, sia in locazione, sia in vendita?

“Sì, possiamo immaginare l’arrivo di un single, che avrà bisogno magari di servizi di lavanderia o di consegne a domicilio e di un appartamento non eccessivamente grande. Poi magari si sposerà, avrà dei figli, e avrà bisogno di spazi più ampi e differenti servizi. Infine, quando i figli saranno cresciuti e saranno via di casa, avrà magari bisogno di una casa meno grande e di altri servizi ancora. Se potrà soddisfare questi bisogni all’interno del quartiere, sarà maggiormente motivato a restare, e in questo modo continuerà a mantenere relazioni in zona, si creerà un forte senso di identità e di appartenenza”.

 

Gli edifici saranno ricoperti in legno, ci saranno spazi verdi comuni, l’idea è quella di una sorta di parco residenziale.

“Sì, avremmo anche voluto realizzare gli edifici in legno, per dare una maggiore impronta green, ovviamente vi sono poi ragioni di budget e il fatto di non poter seguire la progettazione in tutte le fasi esecutive, ma il concetto non cambia. Non possiamo più pensare come settanta o cinquant’anni fa quando il sogno di tutti era avere una casa unifamiliare, l’auto e la tv. È un modello che non è economicamente e ambientalmente sostenibile, che porta a un enorme consumo di suolo e risorse, e che peraltro non contribuisce nemmeno al senso di appartenenza e solidarietà all’interno della comunità. Meglio vivere isolati in una villetta o all’interno di un parco residenziale? È cambiato in generale il modo di vivere, di percepire le priorità”.

 

E ciò cosa comporta?

“I nuovi mezzi di comunicazione sono diventate le reti informatiche, grazie a quest’ultime molte attività possono essere delocalizzate o svolte da casa. L’automobile diventa sempre meno una necessità.

Con la creazione di parchi residenziali e percorsi di mobilità dolce, si offre alla popolazione l’opportunità di spostarsi a piedi o in bicicletta in sicurezza raggiungendo in breve tempo tutto ciò che serve nella quotidianità”.

 

La famosa “ville du quart d’heure” che vorrebbero realizzare nelle metropoli?

“Beh, in Ticino esiste già questo concetto di città diffusa. Ci si può spostare in pochi minuti dalla riva del lago ai boschi, ai fiumi. Per questo va incentivata una mobilità lenta, con piste ciclo-pedonali che vanno interconnesse ai mezzi pubblici”.

 

Il Covid-19 ha cambiato gli scenari urbanistici?

“Senz’altro vivere in ambienti all’interno di scenari naturali, come Grono, consente una maggiore libertà e sicurezza in caso di scenari d’epidemia, come quelli vissuti per il Coronavirus.  Occorre però avere dei servizi a domicilio a disposizione, altrimenti si può vivere una sensazione d’isolamento. Nel caso di Grono non mancano però le infrastrutture, strade e collegamenti di viabilità lenta, e al quartiere Birreria sono previsti una serie di servizi di comunità, dalla lavanderia ai pasti a domicilio, che vanno nell’ottica di far parte di una comunità. Una comunità che, con il nuovo quartiere, avrà anche piacevoli luoghi all’aperto dove ritrovarsi, dove creare la socializzazione tipica delle piazze e dei parchi”. 

 

Una nuova comunità è pronta a nascere a Grono. E sarà l’esempio di una visione urbanistica in grado di offrire assieme: servizi, socialità e sostenibilità.

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