Storie

L’isola dei sogni

Prima della pandemia l’isola dei sogni era un atollo tropicale, quando i viaggi esotici si sono trasformati in un miraggio, l’isola più ambita è diventata quella al centro della cucina o, per dirla da interior designer, della zona living di una casa. È il frutto di un immaginario che nasce da film e serie “made in Usa”, ma anche da un cambiamento di abitudini.

 

Con bar, ristoranti e altri luoghi di aggregazione che sono stati chiusi per lunghi periodi, la casa ha assunto il valore della ricerca della comodità da riscoprire e della convivialità perduta. È questo il motivo per cui vorremmo riprodurre tra le mura domestiche quel clima che respiravamo fuori. Ne abbiamo parlato con Alessandro Invernizzi e Chiara Giovannini di Rovere Interni, lo spazio dedicato all’arredo interni nel Quartiere Birreria di Grono.

La pandemia ha cambiato il mercato dell’arredo e in particolare delle cucine?
“Senz’altro stare di più a casa comporta che si voglia investire nell’avere una casa più comoda, confortevole, funzionale. Per quanto riguarda la cucina, va inoltre aggiunto che già da tempo, con il successo dei programmi d’intrattenimento che hanno trasformato gli chef in star televisive, è aumentata l’attenzione a scegliere soluzioni d’alto profilo, sia tecnologico, sia estetico. Inoltre, la cucina contamina sempre di più la zona living, spazi che sempre di più diventano luoghi da vivere. Si tratta di una tendenza consolidata da tempo”.

 

Sono queste le ragioni che vedono l’isola o la penisola diventare sempre più il cuore dell’area living?
“Potremmo dire che l’isola è diventata il nostro piccolo sogno americano. L’abbiamo vista in centinaia di scene di vita familiare nei film di Hollywood o nelle serie tv. È ormai entrata a far parte del nostro immaginario. D’altra parte,  l’isola, oppure la penisola, in cucina risponde anche a esigenze non solo estetiche ma anche di praticità. È una superficie che può sostituire il tavolo da pranzo. Per esempio, in alcune soluzioni sono previsti piani a scomparsa per creare un prolungamento per sedersi a mangiare”.

 

L’impressione è che agevolino anche la socializzazione.
“Sì, è vero. Sono un modo per cucinare convivialmente, ma anche di uscirne con disimpegno senza doversi inventare scuse per alzarsi da tavola. Si crea un ambiente meno formale. In qualche modo è come se cercassimo di riprodurre in casa quelle esperienze che cercavamo nei locali, dove, prima della pandemia, si stava al bancone, oppure seduti sugli sgabelli si condividevano lunghi tavoli anche con sconosciuti. Ora l’happy hour e l’apericena li abbiamo spostati in cucina”.

 

Non si corre il rischio “friggitoria”, cucinando in un locale senza cappa?
“Oggi le soluzioni tecnologiche superano anche l’inconveniente di fumi e vapori che il cucinare su un’isola può generare. Sempre di più, si usano i sistemi d’aspirazione integrati  nelle moderne piastre a induzione, hanno al centro dei potenti aspiratori che convogliano fumi e vapori al loro interno appena escono dalla pentola o dalla padella”.

 

La cucina è dunque sempre più hi-tech?
“Sì. I nuovi elettrodomestici sono ispirati ai concetti della domotica e sui nuovi sistemi di sistemi di intelligenza artificiale. Hanno il wi-fi e possono essere programmati o comandati a distanza, oppure connessi a sistemi di gestione, come Alexa. Hanno infinite possibilità d’impiego, diciamo che per ora la maggior parte di noi ne utilizza una minima percentuale. Chi lo fa però ne apprezza la comodità, perché semplifica la quotidianità: non dobbiamo più ricordarci o preoccuparci di molte operazioni di routine, di timer che suonano e non sentiamo, e così via”.

 

Sono dunque cucine che consumano di più? Oppure vi è attenzione al tema dell’impatto ambientale?
“Si punta sempre più al risparmio energetico. Oggi c’è molta attenzione nel migliorare le prestazioni energetiche degli elettrodomestici. In generale il tema della sostenibilità è sempre più presente nella produzione degli arredi. Si valorizzano i materiali con matrice naturale: il legno, la pietra, il vetro. Si tratta di materiali che sono ovviamente sottoposti a processi tecnologici che li rendono non solo sostenibili e a basso impatto ambientale ma anche sicuri e duraturi. Per esempio, i piani cucina in grès porcellanato sono sempre più utilizzati per le prestazioni e le garanzie che offrono”.

 

La pandemia ha influito sull’evoluzione della ricerca nell’arredo?
“È stato inevitabile. Oggi, per esempio, sono disponibili anche piani cucina in un materiale auto-igienizzante. La ricerca si è concentrata sull’attenzione alla pulizia, all’igiene e al ricircolo dell’aria all’interno della casa”.

 

E quando arriverà la bella stagione? Si resterà in cucina?
“L’augurio è ovviamente che la pandemia sia presto solo un ricordo e si possa tornare a spostarsi e a viaggiare, ma è probabile che la riscoperta della casa quale luogo d’incontro e socializzazione rimanga comunque. Quindi chi ha una zona esterna penserà probabilmente di dedicare un’area per riprodurre in giardino lo stesso clima della zona living all’interno. Oggi sul mercato si affacciano sempre più soluzioni, anche di design, per realizzare delle cucine da esterno. Isole da porre al centro di uno spazio verde per tornare a creare momenti di convivialità”.

 

Può sembrare un gioco di parole o una metafora ardita, ma pare che ritrovandoci isolati, abbiamo fatto di “un’isola” un luogo per ricominciare.

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